Alcuni
studiosi sostengono che le idee più diffuse non sono necessariamente
quelle più vantaggiose per l'uomo, ma quelle capaci di diffondersi
in maniera più efficace, con un forte potere di replicazione.
L'agricoltura è certamente una di queste idee di grande
successo, che l'uomo non ha faticato ad imitare e diffondere in
maniera capillare, adeguandosi ad uno stile di vita sedentario.
Tuttavia esistono ancora rari posti nel mondo dove si incontrano
popolazioni dedite alla pastorizia, che continuano a restare
fedeli ad una millenaria tradizione di nomadismo. Un esempio
che abbiamo avuto la fortuna di conoscere è la tribù Samburu,
per i quali il tempo si è fermato, lasciandoli indifferenti al
progresso e mantenendoli fedeli alla natura, ai valori tradizionali e
ai ritmi scanditi dalle fasi della giornata e delle stagioni.
I
Samburu sono l'etnia più numerosa nella zona in cui ci troviamo;
secondo quanto riporta la loro religione tradizionale, essi ritengono
di essere stati generati sulle sponde di un piccolo lago a poca
distanza da dove stiamo realizzando la nostra installazione. I
Samburu hanno sviluppato un forte legame con la terra, tanto da
ritenerla, assieme al bestiame, una loro esclusiva proprietà. Questo
fatto non è difficile da comprendere, considerando che la loro
sussistenza non si basa sullo sfruttamento della proprietà privata,
bensì sulla mobilità all'interno del loro territorio, alla ricerca
di acqua e di fonti di sostentamento.
Gli
animali che vengono allevati dai Samburu rappresentano per loro
l'unica ricchezza, il loro numero conferisce prestigio sociale e
funge da valore di scambio per acquistare una moglie e suggellare il
matrimonio. Un animale per qualcuno può valere addirittura più di
una vita umana e molti conflitti scaturiscono proprio da contenziosi
legati al bestiame.
I
Samburu non sono l'unica etnia che si è stabilita in Kenya, che nel
corso dei secoli ha visto l'insediamento di numerosi gruppi tribali,
giunti qui dalle regioni circostanti, attratti dalle condizioni
climatiche e da un ambiente tra i più favorevoli di tutta l'Africa
orientale.
L'appartenenza
tribale, con le relative culture e tradizioni, è un aspetto
identitario di fondamentale rilevanza in questo Paese, nonché una
causa di consistenti e frequenti conflitti tra tribù.
In
particolare l'area in cui stiamo operando, ha subito una
considerevole migrazione della truibù Turkana. I Turkana,
originari dalla regione dell'omonimo lago, sono allevatori di
tradizione nomade e provengono da una terra estremamente arida e
povera, nella parte nord-occidentale, al confine con il Sudan. Alcuni
membri di questa tribù, attratti dal suolo leggermente più fertile
e da riserve di acqua per il bestiame, hanno deciso di stabilirsi nei
dintorni di Maralal.
La
concomitanza di Samburu e Turkana non si è rivelata affatto
amichevole. I Samburu si ritengono legittimi proprietari del suolo e
delle bestie e considerano loro appannaggio lo sfruttamento di tutte
le risorse del loro territorio. La presenza di un'altra tribù dedita
alla pastorizia, che minacciava di impoverire le scarse risorse a
disposizione, rappresentava una minaccia per la sopravvivenza e per
il prestigio della tribù; così i Samburu hanno proibito ai Turkana
di dedicarsi all'allevamento, relegandoli ad un'attività misera e
dozzinale di estrazione e vendita di carbone. Una minoranza di
Turkana ha intrapreso per la prima volta semplici attività agricole
cercando di adattarsi ad uno stile di vita sedentario.
Sicuramente
nei prossimi giorni avremo modo di conoscere più nel dettaglio
queste vicende, che per il momento possiamo solamente accennare
superficialmente.
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