mercoledì 12 marzo 2014

Da Nairobi a Maralal


Lunedì mattina carichiamo i bagagli e saliamo sul nostro mezzo di trasporto: un fuoristrada robusto e spazioso, che deve condurci per oltre trecento chilometri di strade africane fino a Maralal.
La prima Africa che possiamo osservare alla luce del giorno, oltre il cancello della Consolata, è una strada trafficatissima, un ingorgo di automobili, pulmini carichi di bambini che vanno a scuola, auto governative e gli immancabili Matatu che trasportano passeggeri e bagagli stipati gli uni sugli altri. Le motociclette sfrecciano in mezzo alle auto, i venditori si affacciano ai finestrini degli automobilisti in coda e tantissime persone attraversano la strada, rischiando di essere investite.
Appena il traffico diminuisce possiamo osservare quello che accade attorno a noi: tutti sono indaffarati a camminare verso il lavoro, (qualcuno percorre anche una decina di chilometri a piedi per raggiungere Nairobi), c'è chi corre, chi trasporta carichi voluminosi su mezzi improbabili, qualcuno sta allestendo le bancarelle dove esporre i propri prodotti, ci sono biciclette e carretti ovunque.





Lungo la strada si susseguono strutture e scuole missionarie, ai lati della carreggiata sono state costruite baracche in legno e lamiera, bancarelle e mercati spuntano in ogni dove, ogni tanto si scorge qualche struttura più alta e robusta in cemento e mattoni. I colori di tutte queste costruzioni sono vivaci, ma ciò che ci colpisce di più sono le abitazioni colorate interamente, riproducendo con fedeltà pubblicità e brand occidentali.




Qualche struttura sembra una grossa scatola di scarpe. Impariamo velocemente il nome delle compagnie di telefonia locali e del prodotto contro il mal di testa più diffuso. Infine ci scappa una risata scorgendo un venditore di penne in una baracca tutta pitturata di giallo con il famoso omino del rinomato marchio, disegnato di nero con sbalorditiva precisione.
Tuttavia l'Africa è un susseguirsi di colori, persone indaffarate, povertà e costruzioni miserabili, una grande operosità che si svolge lungo la strada, un insieme di realtà insolite ed affascinanti che lascia a bocca aperta.
L'occhio diventa quasi ingordo e non vorrebbe farsi sfuggire nulla. Soprattutto per chi è alla prima esperienza, l'Africa è stupore, curiosità, confusione. Solo poco alla volta si può fare esperienza delle attività locali: c'è chi si occupa di costruzioni e carpenteria, chi vende generi alimentari, qualcuno vende pelli di mucca, qua e là delle strutture fatiscenti ad un solo piano fungono da hotel per i viaggiatori, ci sono mercati, bazar e qualche pub per la birra, qualcuno taglia la legna.





Più ci si allontana dalla città, più aumentano gli spazi coltivati e l'allevamento di capre, asini e qualche mucca, che brucano con avidità l'erba che cresce rada e bassa nella terra rossastra.


 

La strada che seguiamo è asfaltata di recente, ampia, talvolta a due corsie, le linee di mezzeria sono ben delimitate. Parallelamente alla strada corrono i cavi dell'elettricità e per alcuni tratti anche i binari della ferrovia. La strada prosegue sempre inesorabilmente in salita, il motore fatica e alcune volte ci troviamo quasi all'altezza delle nuvole più basse. I controlli di polizia sono frequenti e Patrick, la nostra guida, ci spiega che è necessario rispettare i limiti di velocità, perché ogni auto è dotata di una scatola nera digitale che registra la velocità di percorrenza.
Il paesaggio che incontriamo è incredibilmente verde e ricco di vegetazione e non ha nulla a che vedere con quelle che erano le nostre aspettative! Gli alberi sono alti e fitti, non è raro trovare pozze d'acqua, ci sono campi coltivati e gli animali trovano dell'erba abbastanza facilmente. Solo dopo avere superato Naivasha la vegetazione diventa più bassa e rada, il terreno assume tonalità di grigio e finalmente riusciamo a scorgere degli animali tipici africani: le zebre che pascolano tra gli arbusti e i babbuini che rovistano tra i rifiuti al bordo della carreggiata. A questo punto anche le abitazioni si fanno più diradate e vediamo la popolazione raggruppata in villaggi.
Una volta raggiunta Gilgil la strada diventa impervia e a tratti neppure asfaltata, tuttavia proviamo l'ebbrezza di passare l'equatore in automobile e ritornare nel nostro emisfero.
La strada prosegue fino ad arrivare a Nyahururu a quota 2300mt slm, che è la cittadina di discrete dimensioni alla quota più elevata di tutto il Kenya. Qui possiamo fermarci a mangiare e ammirare delle belle cascate con un salto d'acqua di oltre 70mt.



Kenya offre una natura e dei paesaggi spettacolari. Percorrere un lungo tragitto ci ha dato la possibilità di ammirare nello stesso giorno, nonostante qualche nuvola e una certa foschia, profonde rift valley, laghi, vulcani, le montagne Aberdare e in lontananza anche il Monte Kenya



Anche l'alternarsi dei paesaggi lascia stupiti; in breve tempo l'orizzonte può mutare radicalmente, passando da foreste verdeggianti e fitte più consone al nord-america, trasformandosi in distese di polvere e terra arida, dove crescono arbusti rinsecchiti, cactus e aloe.





Lasciata alle spalle Nyahururu, il resto del nostro viaggio riprende addentrandosi nella terra dei Samburu, etnia nomade dedita alla pastorizia, che vive in capanne tradizionali di paglia ed escrementi. Possiamo ammirare i loro colorati abiti tradizionali, mentre li scorgiamo condurre i loro greggi tra gli arbusti e il terreno secco e inospitale.






La popolazione in questa zona è molto scarsa e la natura selvaggia delle terre che attraversiamo ci consente di scorgere e fotografare ancora zebre, facoceri, babbuini e pure i dromedari, oltre naturalmente ad un gran numero di volatili.

Tuttavia non abbiamo la fortuna di avvistare i leoni; infatti Patrick ci informa che i leoni, quando la temperatura è elevata, sono soliti ripararsi all'ombra e che probabilmente non sarà facile vederli al di fuori dei parchi naturali. Nonostante questo restiamo particolarmente sorpresi dalla frequenza con cui abbiamo potuto vedere animali allo stato selvatico pascolare in prossimità dell'uomo e delle strade. Le zebre in particolare, contrariamente alle aspettative, sono uno degli animali più diffusi e non è affatto necessario partecipare a dei safari per osservarle.



La nostra guida ha fretta di arrivare a destinazione, così tra fotografie e qualche sporadica sosta, il nostro viaggio arriva a conclusione nel tardo pomeriggio a Maralal, dove veniamo accolti e rifocillati da Padre Simone, che ci mostra la nostra sistemazione e si preoccupa di farci sentire a nostro agio e farci avere la cena.











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