giovedì 20 marzo 2014

DA MARALAL AD ISIOLO



Il nostro autista, nonché guida, è Jack e montando sulla sua jeep ci lasciamo in breve tempo alle spalle la piccola cittadina di Maralal, che ci ha accolto per più di una settimana di lavoro.




Attorno a noi la terra dei Samburu è popolata da pastori adornati tradizionalmente e numerosi animali al pascolo; rimaniamo colpiti dall’erba che spunta millimetricamente dal terreno, colorando di verde brillante un manto uniforme e cortissimo. L’autista ci spiega che ogni ciuffo d’erba rappresenta del cibo per gli animali erbivori e per questo motivo non è possibile trovare dell’erba che cresca più lunga.




Alternando scrosci di pioggia a prepotenti schiarite, il tempo cambia costantemente, così come il paesaggio. Ad ampie distese pianeggianti ed aride si susseguono paesaggi montuosi, umide foreste, bagnate da corsi d’acqua e caratteristiche colline che spuntano isolate nel mezzo della savana. Non si dimentichi che tutto il territorio non scende quasi mai sotto i 2000mt di altitudine. La varietà dei paesaggi ci lascia estasiati ed increduli.



Jack ci informa che potremo avvistare parecchi animali in questa landa scarsamente abitata e ancora preservata dalla civiltà; così ci concentriamo su ciascun dettaglio attorno a noi e ogni macchia nella vegetazione inganna i nostri sguardi eccitati, mostrandoci un elefante che in realtà non esiste.
Quando scorgiamo davvero degli animali, Jack è disponibile a fermarsi per consentirci di fotografare ed ammirare le bellezze del luogo. Durante il viaggio le zebre sono una costante, i dromedari talvolta camminano a lato della carreggiata, non manca di attraversarci la strada una sorta di scoiattolo, ma a colpirci di più sono senza dubbio le gazzelle e i dick dick.




Ad un tratto un bambino Samburu si affaccia al finestrino dalla vettura e comunica in lingua locale a Jack che, nel territorio che stiamo attraversando, sono in movimento pure gli elefanti. Tuttavia la fitta foresta non ci consente di averne prova e ci limitiamo a vedere dei guerrieri Samburu sorvegliare il territorio e il bestiame dall’alto delle rocce.






Jack ci mostra anche un punto in cui la strada si stringe e costringe a rallentare per attraversare il guado di un fiume in secca. Il nostro autista sorridendo ci comunica che quello è un luogo utilizzato dai Samburu per effettuare agguati alle macchine di passaggio, poiché in quel punto il transito avviene quasi a passo d’uomo. Incalzato dalle nostre domande Jack ci racconta che in quasi 25 anni di servizio come autista per NGOs, associazioni e diocesi, ha subito tre assalti armati in cui i passeggeri e i bagagli sono stati depredati e almeno una decina di situazioni in cui solo la velocità gli ha dato la possibilità di sfuggire al pericolo.




Il nostro viaggio prevede una tappa all’ospedale di Wamba. Poiché l’ospedale dei bambini è interessato a realizzare un impianto fotovoltaico, ci rechiamo lì per effettuare un sopraluogo e fotografare i tetti, l’impianto elettrico e i generatori a gasolio. L’energia fornita dalla rete elettrica in Kenya, come abbiamo già avuto modo di ricordare, è intermittente e quando manca, impone l’utilizzo di combustibili fossili costosi ed inquinanti. A questo si aggiunga che, in strutture come gli ospedali, i generatori a gasolio devono restare sempre accesi in stand-by, per potersi attivare istantaneamente appena la corrente dovesse venire a mancare nelle sale operatorie. Un impianto fotovoltaico dotato di batterie di accumulo, rappresenta per queste strutture un’ottima alternativa, economica e pulita.






Nel pomeriggio si aggiunge a noi Jane, la quale dall’ospedale di Wamba, sfrutta il nostro passaggio, per raggiungere Nairobi. Jane è di Maralal, conosce bene Jack e lavora nell’ufficio del vescovo di Maralal.
Ad un tratto è lei a girarsi verso di noi e chiederci di smettere di fotografare. Jack, che non aveva certo moderato la velocità nel resto del tragitto, spinge forte sull’acceleratore. Prossimi al calare della sera, pensiamo di essere in ritardo. La strada si infila in una gola stretta e disabitata tra due montagne e le rare vetture che incontriamo, dirette nel senso opposto, alzando un gran polverone, sfrecciano addirittura più veloci di noi.
Solo dopo alcuni lunghi minuti, lasciato indietro il canyon, l’orizzonte si riapre attorno a noi, i nostri accompagnatori si scusano, rallentano e riaprono i finestrini, spiegando che in quella zona i gruppi armati infestano il percorso e solo la settimana precedente la comitiva di un safari era stata raggiunta da colpi di armi da fuoco nell’abitacolo e depredata. La stessa Jane ci comunica di avere perso sua sorella in quella strada qualche anno prima.
Tirando un sospiro di sollievo, raggiungiamo finalmente l’asfalto, la civiltà e una strada dritta e sicura, che ci porterà ad Isiolo dove pernotteremo.
Il tramonto non manca di regalarci un’ultima sorpresa: ai piedi di un ponte numerosi babbuini tornano verso la foresta, attraversando a pochi passi da noi e dandoci la possibilità di avvicinarci a pochi metri di distanza. Jane ci spiega come spesso i babbuini non abbiano paura dell’uomo e sia possibile arrivare a contatto con loro, mentre invece il problema riguardi piuttosto le loro malattie e l’improvvisa aggressività. Decisi a rischiare, li inseguiamo, ma evidentemente anche loro sono desiderosi di tornare a casa e ci distanziano addentrandosi tra gli arbusti.



Isiolo è una città molto più grande di Maralal, meno isolata dalle attività produttive, più economica e popolata da una grande componente di musulmani e Somali. Qui non ci lasciamo sfuggire l’opportunità di bere una birra con i nostri esperti accompagnatori, fare una chiacchierata in inglese, conoscere la birra locale ed alcune curiosità del Kenya. Nonostante la piacevole serata, le ore di viaggio si fanno sentire e raggiungiamo il letto in breve tempo.

Nessun commento:

Posta un commento